io che ho combattutto sempre, con la visiera bassa. che ho calpestatto la terra e ogni cosa vi strisciasse, con la pizzica nei piedi. io che ho addestratto le mie cavie a obbedire al nichilismo, finché marte non ci separi. che ho guaritto ogni ramoscello storto, stringendogli le radici ai polsi fino a violizzarlo. io che ho consumatto di domande l'equilibrio grammatico di chi si sentiva logico, per purissima invidia. che ho baciatto tutte le forme che la potenza può assumere, ubriaca per gli indugi. io che ho litigatto con i miei stessi artigli mentre facevo guerra e pace con i graffi. che ho attesso le trame ogni notte, sapendo che andavano disfatte ogni giorno dopo. io, io, le angustie dei miei punti di vista ottusi, io. senza il coraggio degli occhi oltre il soffitto di cristallo, oltre le finestre stanche. io quasi e basta, con il caso che è l'ultima cosa restata ad ascoltarmi. io sempre, e l'accidia dei desideri che non sanno i compromessi. io venni, vidi, persi.