non so bene dove comincino le cose sacre. all'inizio era un verbo, credo, uno qualunque. assetarsi, per esempio, sfilando i "non è il caso" uno per volta, come mattoncini di legno da una torre. oggi resisto ancora, oggi ti annuso e basta. domani ci metto un tempo infinito per passarti una penna. un giorno ti assaggio sul bordo di un bicchiere. prima o poi reggerò il tuo sguardo e da lì precipiteremo. mi riverserò sulle tue mani, le userò per riempirmi. ti userò per impararmi a memoria. mi userò per svuotarti. voglio volerti, eseguirti, abitarti. vorrò tornare indietro mille volte, per coprire quello spazio lungo una vita che ci separava. la prima volta respirare l'aria calda dal tuo naso, la prima volta ingoiare il tuo odore da vicino, la prima volta schiantarmi sul tuo sorriso. esaudire poi la seconda, la settima, l'ottima e tornare alla prima. tornare a non conoscerti, ricominciare da quella stretta di mano: ciao, piacere. avanti veloce verso le gambe che tremano, fino al piacere quell'altro. pausa. slow motion giù per la mia gola. ti riavvolgerò piano, sciogliendo i nodi uno alla volta, entrandoci in risonanza nella notte buia dei tempi, finalmente da soli dentro il vaso di pandora. voglio reclinarti lo sguardo, crollarti la testa, mentre le tue mani mi dimenticano tutto per insegnarmi daccapo, da zero, da sempre. voglio squagliarti il cervello, succhiarlo, gocciolarmelo addosso, versartelo in bocca dalla mia. assicurata alle tue ciglia, posso lanciarmi, rimbalzare e arrampicarmi da qualunque altezza. "stringi" è stata la fine del primo inizio, insieme a tutte le cose che siamo in comune. ho stretto fino a fermarti il sangue, fino a impazzirti il respiro. volevo toccare quella voce con le mani, il tuo sapore con le dita, l'odore rimbombarmi nelle orecchie. "ancora". e invece ho smesso per guardare il grido del “no” che ti è guizzato dagli occhi. ti fisso immobile fino a che non ti passa questa fretta. mi accarezzo le guance, da dentro, la lingua, ti uso, la gola, tra poco. se non mi spalanchi ti fai male, se non mi stringi mi perdo non so dove. ecco: tutti gli animali che siamo stati nella storia del mondo corrono al ritmo del frastuono con cui siamo programmati. non so se tremano le gambe o il pavimento: dev'esserci un treno che si aggrappa ai binari, da qualche parte. mi gira la testa, mi gira quel "dio", come una preghiera e una bestemmia insieme. ero certa che nel vuoto ci fosse soltanto silenzio. ogni tanto ti perdo, corri a inseguire il tuo controllo. mentre corro e vi inseguo entrambi, vi perdo di vista, inciampo nei mazzi di chiavi, sbatto contro una porta sprangata e non ho il tempo di tutte le combinazioni. nocche contro difese: non funziona, proverò con la pazienza dei baci. tu, nel frattempo, dovresti aprirmi da dentro: ciò che ho elemosinato alla serratura lo voglio. no, io da qui non posso. io contro il tuo volere non posso niente: le chiavi sono troppe e troppo aguzze e dovrei smetterla di voler capire, lo so. dov'ero rimasta quando mi sono resa conto di non saperti affatto? ero a me che ti assaggio, ero a te che mi galleggi la vista. ero al pudore di un "noi" che ci serviamo per sentirci. portami in un posto in cui non m'interessi niente. "non fermarti, ti prego, non fermarti". chiedimelo ancora, smettila, continua. troverò i confini della tua sopportazione, fino all'altare del mio dolore, fino a guardare le cose che hai imprigionato, fino a sfiorare la soglia del tuo fastidio. poi ti consolerò sul bilico del nonritorno: voglio tutto il piacere che non mi spetta. penso a te che mi usi per scoparti, che calpesti le mie macerie, che prendi quello che ti serve, lasciandomi quello che straborda. chiedimelo ancora. non mi fermo perché è troppo tardi, non la smetto perché è ancora troppo presto. stacca quel cazzo di cervello, anche se lo amiamo entrambi, e lasciaci sbranare dall'istinto della nostra razza. lascia tutto in mano al naso, al sangue, al caos. quanto vale adesso un tuo orgasmo? la cosa più bella di come vieni è quello stallo che mi fa sete. il respiro che si spezza, immobile, in silenzio, contratto, a cuore fermo. sei un dispetto alla morte, una beffa, uno spettacolo. mentre la tua vita mi scoppia in gola, inesorabile e spietata come la bellezza. è un tuffo profondo, un tonfo caldo che rimbalza pulsando al rallentatore. non finirebbe mai, se potessi. poi, la voce ricomincia a suonare, la sento con l'orecchio sulla pancia. mi giura che succederà ancora e che prima o poi mi mentirà. è tutto disarticolato, scomposto, necessario. ti stringo ancora la libertà che sbraita per tornare al suo posto, tra poco riprenditela. ancora un sussulto, ancora un respiro in controtempo e poi ti lascio tornare in te, giuro. ancora una volta e ti restituisco tutto ciò che ti ho rubato, perché sempre sia fatta la tua voluttà.