c'era una volta il casello della bella addormentata. da sveglia, lo inforcava per tornare, il più delle volte, oppure sperando di farlo presto. correva, fumava, si annoiava, gironzolava la rotella del volume. si malediva per aver dimenticato ancora una volta di scaricare qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di regalato, qualcosa di blu o qualcosa di prestato da ascoltare. il casello non era il solo del reame ed era sempre fin troppo facile mettere la freccia a destra e perdersi. c'era sempre lo sterile proposito di ricominciare, da qualche altra parte, di svegliarsi con un bacio prima di cento anni. si dimenticano di te, tra un casello e l'altro, e lasciano che l'alba esploda nello specchietto. hanno bisogno del parcheggio in cui si sono giocate tutto, in cui si sono sentite in grado perché hanno sentito tutto. fanno il giro della rotatoria due volte, con le quattro frecce e il morse degli abbaglianti. sarebbe meglio senza il retrogusto che tanto non va, che non c'è niente da festeggiare. eppure si addormentano nel porto sicuro, dove è cambiato tutto, ma c'è ancora quello stesso odore. e la speranza che trabocca lenta dal suo vaso triste, senza voglia, fino al prossimo risveglio.