l'aria, di nuovo. a raffiche ma solo un po'. trenta ore di bunker, quel rumore terrificante. e io che non mi terrificavo. sghignazzavo. sarebbe strano, pensavo, ora che quasi quasi tornerei per spolverare. la desolazione del dopo, delle casupole scoperchiate, della gente che brinda perchè è viva. ma non ha più niente. una vita scalza e cinque o sei denti bianchissimi. riapriamo le strade e andiamocene via. ecco che comincia il lento strisciare dell'addio. spaliamo la sabbia, il fango e la merda dei turisti. e dove lo mettiamo questo isolamento? non c'è posto per le mani bruciate e stanche, per le infradito che affondano, nè per gli occhiali da sole. che ci torni la voglia di comunicare.