lo sguardo arranca su quelle scale che non smettono mai, come i corsi e i ricorsi d'acqua. oltre il bordo dei colori c'è uno spigolo grigio: si scinde, si sdoppia, si ripete. serve a perdere l'orientamento, l'inizio, la fine e gli altri demoni. così che alle dita vengano sete, caldo e un accidente insieme. mentre le farfalle si ammazzano di simmetrie, ho perso il conto delle metamorfosi. si è sciolto nel caos dell'ordine e nei suoi rovesci. al posto mio, nella pozzanghera, mancavano il fango, le capriole e un metro di misura. dove hai nascosto le sicure, le zavorre, punirmi e il suo contrario? senza le squame resto un riflesso che ti scivola tra le ciglia: non posso essere altro. eppure qualcosa ci vuole a capofitto. vuole sbatterci sulla faccia un ventaglio di respiri, appannare le sfere di cristallo, farci acqua a vicenda. all'altro capo della corda che ci separa, c'è il tempo lungo che ci ho messo per inventarti.