quante e quali volte non ho capito niente? me ne rendo conto adesso che non cambierei questo soffitto crepato per niente al mondo, né questo silenzio o gli specchi deserti. e quando mi ossessionano di mail, messaggi e preoccupazioni ci rivedo. io che empaticissimamente soffrivo per l'incomunicabilità del dolore, per la nonempatia, per l'egoismo e il menefottismo. oh, che persona sensibile (necessità di riabilitazione). tu che mi mancavi come un due in un sistema binario. capisco te, i silenzi e le persiane chiuse. più che capire: sento. sto esattamente in tutti i tuoi panni. eppure non merito spiegazioni destabilizzanti, non le voglio, non c'é spazio. non voglio nomignoli, coccole né smancerie, non c'é niente da fare. non voglio tutti i messaggini del buongiorno che ci ho scritto (ecologia economica e neuronale) e fanculo a te e alla colazione a letto. non voglio tutto il rancore che ci siamo inventati e non ci sarebbe niente da ridere. ci sarebbe stato tempo e modo, non fossero passati tutti i treni merci e tutte le occasioni. non che ci avrebbero portato chissaddove, sarebbe stato comunque un inutile divertissement. ma almeno ci saremmo divertiti. ho sbagliato a resettare tutte le verginità di questo mondo e quell'altro per andare a gettarle in pasto al primo che passava. è bastato che fosse relativamente casto e psicopatico. è bastato che fosse l'uomo sbagliato nel corpo sbagliato, l'ennesimo. adesso mi basta sapere che non è così che deve andare. e mi strapperei l'odore di dosso. così come non vedo l'ora che non ci sia modo che mi ritorni in mente o nella vita in alcun modo.