nuvole scoppiano in un cielo che è tutt'altro che primavera. il deserto piove da due giorni. ho chiuso la campagna elettorale anch'io: l'ho stretta in mezzo alle cosce. sontuosa espressione di lussuria del tardo pomeriggio, palliativo per le mie voglie. mi sottopongo alla sopravvivenza erotica di me stessa così come scivolo nel sonno confuso: è apparente noncoscienza. via la spina,  via le immagini e la stanza. solo voci e radiocronache dello stillicidio di me. fabbrico la voce calda della narrazione per le mie mani e poi scopro che ce l'avevo già. evapora il corpo e il velluto azzurro delle intenzioni mentre scappo e m'inseguo. mentre un po' spero di non trovarmi mai. è un gioco di sguardi con la pazienza che assorda tutto il rumore del mondo che farfuglia. me lo do da sola un motivo per esasperarmi, che non sia la disperazione, che non sia questo senso di esilio. mi faccio piccola fra le mie braccia e spero di riuscire a stringermi così forte da non farmi male.