mi sono chiesta mille volte come facessi ad andare via. prendere le chiavi, una palpata alle tasche, c'è tutto, giacca, un bacio strappato e via. avrei dovuto provarci prima ad andarmene anch'io. ho perso un sacco di tempo a pensarti pazzo. invece il silenzio, i quattro giri attorno alla rotonda. nessuno. e dove s'è nascosto il mare? il gelo che ti spacca mani e torpore, un sorriso inatteso e la lana in bocca. tutte quelle luci gialle in fila. oggi, poi, era un po' natale. adesso lo so: è come un dio quando se ne torna fra le nuvole. è il riappropriarsi dello spazio. acceleri e pensi fammi male ma non trattenerti più. poi l'abbrivio e la discesa, immaginando che un giorno arrivi qui e mi racconti tutte le cose che ti succedono adesso, in questa vita lenta senza di me. le mani che vanno da sé, che ti rimboccano gli occhi, mi riportano a casa, poi le sento sulle chiavi e poi silenzio. l'odore di questo guscio fuorimoda: vorrei lasciar cadere tutti i coltelli, dalla parte del manico, in una volta sola. e subito dopo vorrei fonderli, gocciolarli piano piano, fino a morire di nausea. e poi vorrei buttarmi a letto, finalmente stanca. adesso lo so: tornarsene in sé con quel retrogusto di libertà, pensando che son passati già dieci minuti; che li hai odiati e amati insieme, consumati e percorsi uno a uno. invece che dormire in diagonale, con un vago senso d'abbandono e un altro d'ingiustizia profonda. adesso so tutto e t'invidio col senno del poi, sono contenta e saltello da un portacenere a un kiwi. capisco e se vuoi facciamo un po' cambio.  eppure vorrò ancora vederti restare.