mi siedo sulle sue cosce nude e leggo fino al mattino. m'inarco un po' e mi confondo di pressione. lui poi mi fa il solletico. e io mi ricordo di quando mi sono resa conto per la prima volta di non poter aver un ruolo in questa vita con gli occhi grandi. ero affacciata alla mia finestra sul lidl, in quel paradiso pazzesco e nuovo, mentre uno stiletto mi trapassava i polsi, da parte a parte. ho battuto la testa al muro, ho pianto e me ne sarei andata per sempre. ma poi non l'ho lasciato mai. perché mi ha sempre dato la possibilità di cercare un modo, di scovare un angolo in cui poter dissimulare. e di spalmargli nella bocca il retrogusto di ciò che avrei voluto dargli. il retrogusto del tutto che provo e che mi umilia. perché lui a volte mi umilia, mi fa sentire idiota e mi spezza le gambe. sempre sull'orlo del più bello. e se non lo fa lui lo faccio io: glielo devo, faccio i salti mortali per salvare questa spensieratezza (che, a sua volta, ci ha salvato tante volte). é un patto di sangue: lui mi ha liberata dal dolore, da grossi vuoti siderali, dal senso d'irrealtà in cui mi barricavo. ha resuscitato la donna, ha accarezzato la madre, ha sedotto l'amante e l'ha lasciata lì a bramarlo, ha stretto le mani alla compagna, ci ha camminato accanto, ha vomitato sulla pancia della consigliera, le ha tolto il fiato e il sonno, ha goduto della musa e poi non l'ha degnata di uno sguardo, l'ha messa nei panni della sorella e l'ha scopata mentre l'amica non guardava, ha fatto piedino alla collega, senza il più pallido imbarazzo, l'ha portata in giro come una moglie e si è venduto il suo anello, l'ha soffocata con l'odore incestuoso del padre e l'ha sbattuta in un orfanotrofio. ha fatto questo e altro. ho sempre dovuto ricambiare lasciandolo andare, non stringendo troppo, non chiedendo più del dovuto, contando fino a ennesime attese, traducendo in dolci e inutili cazzeggi ciò che lo terrorizzerebbe a morte. che lo farebbe andare via per non tornare. ho stracciato lettere, mi sono sempre ricucita con un fazzoletto in bocca, zitta zitta altrimenti se ne accorge. quando ho sofferto l'ho fatto senza disturbare, ho ansimato di nascosto, vergognandomi dei miei aborti di esplosioni. ho permesso che altri si prendessero il mio piacere che invece era solo suo, perché non era inelluttabile come invece il mio, perché lui non l'ha mai voluto. come quella mattina, singhiozzavo nella vasca, seduta sui talloni, odiando il corpo sbagliato e sporco o i lividi, perché non avevano la forma delle sue mani. eppure sono così contenta quando è qui, che non m'importa affatto se mi vuole o no. anche incazzata a morte, stanca, irritata o triste, sono così felice, da odiarmi perché non posso rendere felice lui. lui che diventa grande vicino a me e io che lo voglio sobrio, libero e completamente pazzo. voglio che faccia di me esattamente quello che vuole. per amore delle sue mani sulla faccia, della sua bocca addosso, di come ride e per la sua pancia. per la sua voce, per il coraggio, per il suo odore, per gli occhi e per il suo amore vigliacco. per questo bambino e quest'uomo, io getterei via tutto il resto.