lo sapevi già che avrei investito il mio sudore nel tuo. senza alcuna irrinunciabile dignità. senza via di scampo, se non il bracciolo che mi urtava il ginocchio. me ne vado in giro con i miei lividi fashion, con l'aria di chi dissimula di attendere di esplodere. un giorno. probabilmente di notte. e mi rotolo sul lungodanubio come se fosse merda di casa mia. dall'afghanistan con furore. le stelle stese ad asciugare. prendo il sole sul tetto che scotta. c'è il mio amico al settimo piano, di fronte. legge il giornale come se il davanzale fosse il posto più comodo al mondo. immagino di non essere interessante come il cielo verde di belgrado, otto anni fa. prima mi guarda e poi mi cede il passo quando c'incontriamo dal macellaio. finge di essere vecchio. finge di essere solo. stamane stirava pigiami a righe dandomi le spalle. con la dignità delle mie mani quando rollano una sigaretta.